martedì 3 novembre 2009

Etruschi a Lemno







Archeologia: italiani trovano citta' arcaica davanti a Troia



Rovereto (TN), 6 ott. (Apcom) - Un'antichissima città scomparsa, contemporanea della mitica guerra di Troia (1300-1200 a.C.), è stata scoperta praticamente intatta da una missione della Scuola Archeologica Italiana di Atene sull'isola di Lemno, nell'Egeo settentrionale, davanti allo Stretto dei Dardanelli (appena 40 miglia separano l'isola dal sito dove Schliemann trovò Troia; Omero narra che i guerrieri achei assedianti ricevevano il vino da Lemno, e sull'isola è stato rinvenuto anche un complicato impianto di vinificazione del 7° secolo a.C.).






La scoperta dell'insediamento urbano dell'età del bronzo, nella località che oggi si chiama Efestia, è stata annunciata dal direttore della Scuola Archeologica Italiana di Atene, Emanuele Greco, in una delle conferenze collaterali della 20° Rassegna Internazionale del Cinema Archeologico, organizzata dal Museo Civico di Rovereto. La missione da lui diretta (l'ultima campagna di scavo si è conclusa l'estate scorsa) ha riportato alla luce l'abitato antico che era stato coperto dagli insediamenti successivi. Nella città doveva essere praticata la metallurgia, come si evince dal fatto che ancora oggi prende il nome da Efesto, il dio che forgiava i metalli. Lo scavo di Greco vi ha trovato fucine e crogioli del 7° secolo a.C. A Lemno, per la verità, i ricercatori italiani scavano già da molto tempo, e con risultati notevolissimi: ancora nel 1926 - ha ricordato Greco - una missione guidata dal direttore dell'epoca della Scuola Archeologica Italiana di Atene, Alessandro Della Seta, aveva scoperto in località Poliochni il più antico insediamento urbano d'Europa. Lo strato più profondo risale alla fine del neolitico, verso il 3200 a.C., e lo scavo italiano ha portato alla luce le mura, strade, fognature, un edificio strutturato per ospitare assemblee di un'ottantina di persone, nonché una casa identificabile come quella di un sovrano. L'agglomerato urbano è stato rinvenuto immutato, nello stato in cui lo avevano precipitosamente lasciato i suoi abitanti, terrorizzati da un violento terremoto, uno dei tanti eventi sismici che da sempre sconvolgono quella regione: una specie di Pompei nell'Egeo. Lo scavo di Della Seta aveva evidenziato sette-otto strati di abitato sovrapposti, e la traccia della lavorazione dei metalli: quella città produceva ed esportava oggetti di rame, con metalli provenienti da miniere dell'Anatolia. Ma Della Seta era andato a cercare ben altro a Lemno: etruscologo, ebreo fascista e nazionalista (e alla fine tradito miserevolmente dalle leggi razziali del regime fascista, commenta Greco), voleva trovare le prove che confermassero l'esodo degli Etruschi dall'Anatolia, che secondo Erodoto avevano fatto tappa a Lemno.





A questa ricerca Della Seta era stato incoraggiato da un'iscrizione sulla stele funeraria di un guerriero foceo rinvenuta a Kaminia: la scrittura è greca, mentre la lingua presenta forti somiglianze con l'etrusco.
Ma la conferma cercata da Della Seta non si trovò, e la questione rimane tutt'ora aperta, nonostante il recente rinvenimento di un'altra iscrizione analoga, nella stessa lingua, sempre a Lemno: era in un santuario del 6° secolo a.C., al quale gli insediamenti successivi avevano sovrapposto la costruzione di un teatro. Oggi, come spiega Greco, gli archeologi ipotizzano che, se di lingua etrusca si tratta, probabilmente era arrivata dall'Etruria, forse con i pirati etruschi: scrivono i cronisti dell'epoca che il condottiero ateniese Milziade strappò Lemno ai Tirreni e offrì alla sua città il possesso dell'isola.

(articolo di apcom.net)

Il cerchio si chiude: è come dire che gli Etruschi erano tornati là da dove erano venuti.

w.angelo








passi che scivolano
sotto una marea
di occhi distratti
indaffarati a vedere
quello che non possono vedere


Solo l’angelo
è libero di volare e vedere
spiando curioso
tra un’anima e l’altra
senza timore di esser visto

..e camminacammina...



Due visioni.


Da una parte ci mettiamo i cosidetti  'cattolici', così possono essere liberi da questa dittatura relativista che li opprime e li discrimina,  così possono tranquillamente prolungare all'infinito la loro 'vita' con le macchine (non sia mai che uno cerchi di morire di vecchiaia!), così possono 'impegnarsi in politica' in prima persona, così possono farsi, insomma, la loro bella teocrazia, 'curare' gli omosessuali, rinchiudere le donne in cucina e così via.

Dall'altra parte della visione , invece, ci mettiamo tutti quelli che vogliono vivere in uno Stato davvero osservante dei precetti religiosi naturali  e  laico (laicità=libertà), decidere autonomamente della propria vita, essere liberi di esprimere se stessi senza vedersi bollare con marchi infamanti, liberi di esplorare e studiare, di coltivarsi se è il caso la propria 'spiritualità' nel rispetto della libertà altrui.




Larthia Alda Merinu



La follia
 non può amare
 nessuno.

Romani piccionati




Centouno segreti che hanno fatto grande l'impero romano



di Frediani Andrea



Editore: Newton e Compton
Prezzo: 14,90 Euro

Dati: p. 280

Anno: 2009
Descrizione:

I soldati romani non portavano sempre uno scopettone in testa. Cesare non disse mai: "II dado è tratto". Le matrone facevano mettere le parrucche perfino alle statue. L'irreprensibile Catone il Censore era un abile chef, soprattutto di dolci. Alcuni dei più grandi generali dell'esercito romano erano barbari. Roma aveva delle zone a traffico limitato, già a quei tempi. Le donne si mettevano sterco di coccodrillo come fondotinta. La morale sessuale romana era molto rigida. Le catacombe non erano rifugi per i cristiani perseguitati... Ecco alcuni dei "segreti" della civiltà romana, qualche picconata ai luoghi comuni che, alimentati da film, documentari e testi giornalistici spesso superficiali e frettolosi, da troppo tempo si trascinano nell'immaginario popolare.

Laris Phastne


Ascolta Principe:
La vita
è una lunga sera
 che volge al tramonto
 in attesa dell'eterna alba
 senza fine. ...


Piersu Breccie




Si è da poco conclusa a Palazzo Venezia, Roma, una sua esposizione dal titolo "Gioco simbolo e forma"; qui alcune delle opere esposte. Un vero e proprio viaggio in altri mondi, un'esperienza impagabile.




Ancora sul gatto nero


Il narratore,fin da bambino si distingueva per la sua docile indole, aveva una grande passione per gli animali e quando si sposò, trovò nella moglie una congenialità di carattere
Tra i tanti animali che possedevano, il protagonista aveva un debole per un gatto, un gatto nero.
Con il passare del tempo la sua indole cambiò, diventando un uomo irascibile i irrispettoso verso tutti, solo con il gatto, però, manteneva qualche riguardo.
Ma un giorno che il narratore torno a casa ubriaco e si trovo la povera bestiolina tra i piedi, la prese e gli cavò un occhio
L’indomani provò rimorso ma con il passare del tempo iniziò a odiare il gatto, e una mattina lo impiccò.
La notte fu svegliato dalla sua casa in fiamme e quando l’indomani visitò le rovine trovò sul muro del suo letto la figura di un gatto con una corda al collo, ma il narratore riesce infine a spiegare logicamente l’accaduto. Nei mesi successivi iniziò “a rimpiangere la perdita dell’animale”, cercando un altro gatto con cui sostituirlo; una sera in un’osteria vide un animale che lo attrasse: era un gatto nero, quasi identico all’animale ucciso, ma con una grossa macchia sul petto. Ma con il passare de tempo iniziò a odiare anche questo gatto ma quando lo stava per uccidere venne fermato dalla moglie, che per questo venne uccisa a sua volta.
Poi mura il corpo della donna morta in una parete della casa e non riesce più a trovare il gatto. Quando la polizia ispeziona la casa riesce a scoprirlo perché il gatto murato vivo inizia a miagolare.