venerdì 29 gennaio 2010

mi dice Larisa Tular


Qualcuno tornerà Principe per sentire la tua voce - mi dice Larisa Tular -  Per dirti che la vita è un gioco in mezzo ai prati,che il tempo non ha fine se vivi per qualcuno. Qualcuno tornerà per amarti tutti i giorni.

reflex


 Guardo Il Piccolo Airone che ha  appena calpestato
 le Tracce del Fulmine
Rivelando le Impronte Riflesse sul Lago...

Larisa Tular svanisce


Si tratta di passare da zero a zero - conclude  Larisa Tular  svanendo -  E’ la vita – Dall’incosciente e dall’insensibile all’incoscienza ed all’insensibilità.

selva di Malano - Bomarzo


È una vasta superficie a tratti boscosa o coltivata, molto accidentata, piena di dirupi e di enormi blocchi vulcanici di peperino staccatisi dai cigli della piattaforme o colline superiori rovinati in basso. I suoi confini sono all’incirca limitati a nord dal fiume Vezza che tutta l’attraversa per gettarsi nel Tevere, ad ovest e a sud dalla strada Vitorchiano-Pallone e ad est dalla provinciale Orfana. La caratteristica principale di questa zona che racchiude cimeli archeologici dalla Preistoria al basso medioevo è quello di un costante sfruttamento e utilizzazione diversa dei massi di peperino che ovunque la costellano. È in fondo, la stessa tecnica dei rinascimentali Mostri di Bomarzo che viene ad essere applicata decine di secoli prima a scopi religiosi, funebri, civili, della vita e del lavoro quotidiano. I Mostri sono l’ultimo clamoroso esempio di questo sistema.È stato osservato che in questo comprensorio si ha la massima concentrazione di are rupestri pagane (F.Prayon) e di epigrafi, sempre rupestri, latine oggi conosciuta nei paesi mediterranei.
S.Nicolao.
La località prende il nome dalla diruta chiesa medievale di S.Nicola che si trova nella valle sottostante il pianoro Sterpeta. Già sull’estremo punto settentrionale di questo pianoro che si affaccia sulla valle del torrente Serraglio sono raggruppati numerosi resti antichi. Si tratta di fondi di capanne, pozzi, vasche, abitazioni e ripostigli scavati nella roccia, di un villaggio rupestre difeso da una cinta muraria in rovina e da un vallo che la precede.
La chiesa di S.Nicolao venne eretta spianando la parte superiore di un gran masso. In basso, già nel periodo romano, vi erano state ricavate tre tombe pagane di cui due a camera; una di loro è decorata da pilastri ed un siperiore frontone con al centro un piccolo rosone ed è in parte rovinata dall’attuale ingresso fatto posteriormente. Vicino vi è una nicchia arcuata contenetenteuna fossetta per la deposizione dell’urna cineraria sormontata dall’iscrizione: Heros / v(ixit) / a(nnos) XXV. Attorno al macigno si notano tracce di costruzioni e sepolture per lo più cristiane. A poca distanza vi sono altri massi con fossette per urne cinerarie, vasche ed epigrafi latine funerarie di notevole interesse tra cui quella di due liberti, Dama e Rufam, nella quale appare in gentilizio Urinatius di chiara origine etrusca attestato nella necropoli rupestre di Castel d’Asso e in quella della prossima necropoli di Pian della Colonna. (vedi Bomarzo).
Rimarchevoli: un grande blocco di peperino trasformato in un cubo monolitico lavorato a finto bugnato e modanato alla base; un masso di forma ovoidale con dieci gradini che portano verso la cima dove sono state ricavate tre are dedicate forse alla triade etrusca: Tinia-Uni-Menrva, oggi in parte rovinate, ed un macigno, ora capovolto, scavato internamente per creare una cameretta contenente due sarcofagi scolpiti dal vivo della pietra stessa. Uno dei sarcofagi sul lato frontale presenta una scena con uomini ed animali, ma molto rovinata e per questo non ben leggibile. Varie sono le iscrizioni ritrovate, tutte in lingua latina, per lo più di carattere funerario classiche, ma alcune con caratteri arcaici.
Non mancano le pestarole, vasche ricavate nei massi o nella roccia disposte su piani diversi ed intercomunicanti create per la prima lavorazione del vino: la pigiatura.(Vedi Corviano).
Tra il torrente Vezza ed il Serraglio suo affluente, si trovano poi numerose tombe a camera ed altere a fossa sempre ricavate nella roccia aventi la caratteristica di essere sagomate a forma umana (tombe antropomorfe).
In questa zona, posta ad ovest di S.Nicolao, uno dei monumenti più importanti è un grande cubo monolitico di pietra vulcanica lavorata; ha una scaletta ricavata nel lato sinistro che porta sulla sommità fornita di un piccolo parapetto creato a risparmio nella roccia; ul piano è incisa una sorta di croce che viene interpretata come riferimento ai punti cardinali sebbene da essi abbia una leggera deviazione. È chiamato il Sasso del Predicatore; probabilmente era legato al culto e per i segni incisi poteva anche essere un auguraculum.
Nei pressi vi sono delle tombe a fossa antropomorfe; tombe etrusche a camera con il soffitto a doppio spiovente e lavorato a rilievo con columen e travicelli; altri macigni variamente utilizzati con tombe antropomorfe, iscrizioni latine, are, fossette per urne cinerarie, tombe a camera di vario tipo, sarcofagi e pestarole.
Tra tante utilizzazioni degna di nota è la cosiddetta Tomba del Re e della Regina. Si tratta di un enorme blocco di roccia entro il quale è stata ricavata una piccola camera che ha sul pavimento deu loculi di diversa lunghezza.
Purtroppo tutte le tombe sono state ritrovate prive di corredo funebre e ciò impedisce di stabilirne con certezza la cronologia.
Le iscrizioni latine seppure consentono di fissare qualche data per i manufatti nei quali sono incise, tuttavia per la gran parte dei monumenti non hanno alcun valore cronologico. Possiamo arguire che la maggioranza di essi risalgano all’epoca romana, tardo-repubblicana e imperiale, ma su molti resti per lo più singolari – tombe antropomorfe – permane l’incognito scientifico. Tra le epigrafi conosciute ha una certa importanza soprattutto per le recenti ipotesi di ubicazione della città di Statonia nel territorio di Bomarzo, quella di Caio Anicio che fu quadrunviro di questo centro etrusco e poi romano.
In località Poggiarello si trovano fondi di capanne e due monumenti preistorici di tipo dolmenico identici fra loro. Posti a pochi metri metri di distanza l’uno dall’altro, consistono in un masso ovoidale di peperino inclinato sopra una sporgenza del suolo. Si vedono anche i resti di una cinta muraria etrusca in opera quadrata e varie tombe a fossa scavate nel suolo roccioso del tipo antropomorfo. Molto interessante il monumento funebre eretto su un macigno di peperino da M. Larcio (famiglia di origine etrusca) appartenente alla tribù Stellatine la cui epigrafe è racchiusa entro una tabella ansata (I sec a.C.).
Rimangono sempre sconosciuti i motivi per cui gruppi di persone abbiano abitato con una evidente continuità queste valli, ricche sì di acqua, ma con alta umidità e poca terra fertile, quando, appena qualche centinaio di metri al di sopra si estendevano pianori liberi e ubertosi. Se una qualche giustificazione si può trovare per i tempi pericolosi delle invasioni barbariche e dei secoli successivi quando un tale isolamento poteva dare una certa sicurezza di vita, non si comprendono invece gli insediamenti del periodo etrusco e romano.
Comunque la vita in questi luoghi si esaurì nel corso del tardo Medioevo; da allora la presenza umana si limitò, come ancora dai centri abitati vicini