Conservati nel tempio di Giove Capitolino fin dal VI secolo avanti Cristo,i Libri Sibillini vengono consultati dai sacerdoti addetti alla loro custodia solo in rare occasioni, quando momenti critici o difficoltà nelle scelte di governo lo richiedono. Da qui la loro valenza politica, oltre che religiosa.
La consultazione, d’altronde, avviene per ordine — e sotto l’autorità — del Senato. Che dispone tra l’altro, nel 76 avanti Cristo, una spedizione per ricostruire i libri andati distrutti nell’incendio dell’83. La ricerca tocca le città di Cuma e di Eritre, facendo sorgere il sospetto — tutt’altro che infondato — che la sibilla Cumana e l’Eritrea potessero essere una stessa persona.
E' realistico pensare che questi Oracoli sibillini Etruschi siano stati redatti da più veggenti,. Sembra comunque che ci sia una certa unità nel loro stile, rigorosamente in versi. Ma quella di esprimersi in forma poetica è una caratteristica comune a tutte le sibille, che solevano generalmente improvvisare i loro responsi in esametri.
Di certo si può dire che non siano testi di facile decrittazione, essendo compilati in versi di significato ermetico, che per esprimere concetti di senso compiuto devono essere variamente articolati tra loro. Accresce la difficoltà dell’operazione il fatto che la scrittura sia in parte velata dall’uso di caratteri oscuri o geroglifici
Un’atroce morte E' prevista per il sacerdote che, violando la consegna, consente a dei profani di copiare i sacri testi. Ne dà notizia lo storico Valerio Massimo, descrivendo con crudeli particolari l’esecuzione del sacerdote Tullio, condannato alla stessa pena dei parricidi, cioè affogato in un sacco, per essersi lasciato corrompere da un cittadino di nome Petronio Sabino, permettendogli di trascrivere l’oracolo.
Non sembra però che condanne così feroci servano da deterrente contro i predatori del segreto oracolare, poiché di tali libri ne circolano sempre vari esemplari a Roma, . Il fenomeno raggiunge la massima estensione sotto Augusto, che per arginarlo ordina il sequestro e la distruzione delle copie in possesso dei privati.
Ne sono state bruciate oltre duemila
Al medesimo provvedimento devono ricorrere Nerone e Giuliano l’Apostata, il quale li consulta poco prima di essere ucciso nel 363. L’ultimo a ordinare di bruciarli fu Onorio, nel 408, mentre l’Impero si sgretolava sotto la pressione di vandali e goti. Esecutore materiale della loro distruzione è stato Stilicone, che subito dopo è ucciso.