giovedì 24 settembre 2009

altrove


In altre zone di questo universo

(è facile da realizzare)

Esiste tutto ciò che io non riesco ancora ad immaginare

The Windmills of your Mind


armanda bertolina sancasciani - people


Armanda Donatella Bertolina Sancasciani nasce il 7 Gennaio del 1950 a Torino ,lo stesso giorno 100 anni dopo di S.Bernadette da Lourdes.

Cresciuta nel capoluogo piemontese, sin dall'età adolescenziale si mette alla ricerca di una propria identità che ben presto la porterà a conoscere aspetti inusuali del mondo. Capisce ben presto che per andare alla ricerca della verità, non solamente fisica, metafisica, sociale o artistico, deve accumulare una serie di esperienze in grado di creargli un bagaglio culturale, capace di aprirgli la strada futura per ogni sua ricerca e sperimentazione.

Misteriosa è la vita di questa donna, che si è sempre mossa con passo svelto e silenzioso tra le vie di una città come in mezzo ai campi della campagna, protagonista spesso di importanti eventi mondani, ha sondato con occhio attento e curioso, molto spesso ironico, ogni possibile aspetto della natura umana, traendone linfa vitale per la sua intera esistenza. Durante la sua vita ha intrapreso innumerevoli quanto mai a volte singolari mestieri: ballerina, modella, cartomante, colf, disegnatrice, pittrice, segretaria, fotografa, ecc. In ogni lavoro ha sempre messo impegno, amore e dedizione, cercando di sviscerarne i contenuti, modificandoli al suo estro creativo personale, lasciando un impronta per quanto indelebile del suo passaggio.

Personaggio eccentrico e poliedrico è quello che nasce da tutte queste esperienze, personaggio talmente cosmopolita da rendere vana ogni teoria sulla globalizzazione, in quanto lei stessa è diventata l'idea globalizzante (totale) per eccellenza. Da tutto questo non poteva che nascere un idea evanescente, impalpabile, ma talmente presente e non quantificabile come la sabbia fine di un deserto.

Una personalità così ampia che sembra sempre uguale, ma come ogni deserto che si rispetta ha al suo interno sterminate lunghezze per meditare con la calma necessaria e microcosmi dove si avverano i più miracolosi esempi di vita. In questi ultimi anni la sua inesauribile sperimentazione, si è affinata maggiormente attraverso l’installazione e la fotografia. Ma è soprattutto in quest’ultima dove ha raggiunto gli esiti più alti, riportando la fotografia stessa a dei livelli di primordialità tali, da ribaltare ogni regola del fotografare. Per Armanda fotografare diventa un esigenza interiore immediata, istantanea come il momento in cui in un semplice scatto, si ferma il tempo di azione dell’immagine che diventa fotografia. Volutamente si dimentica anche delle più elementare nozioni, la luce, i chiaroscuri, i contrasti, l’inquadratura non sono mai attentamente studiati, ma frutto della più disparata casualità, lasciando all’incertezza il compito di esprimere ciò che in questo mix di sana incoscienza si è creato. Gli esiti in più di un caso sono sconvolgenti, il fotografare diventa un esperienza unica, la creazione “pura”. Qualsiasi concetto filosofico, ogni regola canonica del fotografare o più in generale del fare Arte, viene rimessa in discussione, lasciando che l’immagine si esprima da sola e che diventi “Arte” per una serie di coincidenze. Per quanto inaspettata, sono presenti tutti i germi per una vera rivoluzione artistica, perché è il concetto di base che viene scardinato lasciando che il “tutto” sia manifestazione del creato. Nelle sue fotografie l’Arte è insita nella quotidianità, nell’essere normale, anche banale, ma con dietro celata tutta la complessità di un mondo, che non sarà mai completamente svelato.

Conoscere l’opera di Armanda Bertolina è come intraprendere un viaggio appassionante tra i meandri più misteriosi della natura umana, un viaggio che si concluderà ad una meta dagli esiti incommensurabili.


giù le mani


Cari avventori vi segnalo il dibattito sul Ritalin, lo psicofarmaco utilizzato nel disturbo da deficit di attenzione e iperattività nei bambini (ADHD), che si sta svolgendo sul blog KidZone. Quello che penso io sulla somministrazione disinvolta di psicofarmaci ai bambini probabilmente qualcuno di voi lo sa già.Per quanto mi riguarda anche per il Ritalin come per il Prozac: giù le mani dai bambini, che non vuol dire negare aprioristicamente l'utilizzabilità di un farmaco, significa resistere alla tentazione di medicalizzare ciò che può essere, in moltissimi casi, affrontato efficacemente con strategie terapeutiche di tipo psicologico e comportamentale. Il nostro stesso Istituto Superiore di Sanità raccomanda che il metilfenidato (Ritalin) è lo strumento farmacologico di un piano multimodale di trattamento per bambini con forme gravi e invalidanti di ADHD.Quello che strenuamente si tenta di scongiurare è l'uso "allegro" di una pasticca per bambini "difficili".

cos'è magia ?



E’ la genialità della fantasia :
intuizione, colpo d'occhioe velocità di esecuzione! ...
Follia!

vitale follia


"nuda vita"
cioè soggettività
prive di qualsiasi diritto
rinchiuse in campi di detenzione
per il fatto di essere
dove non dovrebbero essere e
dunque di burlar la ley.

Non hanno commesso nessun delitto,
ma devono essere controllati
preventivamente dal potere sopranazionale.
Possono anche finire
nel circuito psichiatrico
per essere ricodificati
all'ordine logico
di un altro organismo sopranazionale
chiamato DSMIV.
E poi trattati con psicofarmaci
e inseriti in corridoi istituzionali dicontrollo.


Tutti questi sistemi
violano l'habeas corpus
e si presentano su scala planetaria
come il grande internamento
dei vagabondi
così ben descritto da
Foucault
in
Nascita della follia.

moriture salutant


Sono morto per la prima volta correndo un giorno nel bosco.
Incrociai un tafano che si avvinghiò
al mio bicipite destro.

Lo uccisi con la mano sinistra.
Cadde roteando lentamente,
mostrandomi un cadavere perfettamente umano.

compulsivo accumulo


Il compulsive hoarding è un disturbo ossessivo compulsivo che costringe chi ne è vittima ad accumulare senza freni un grande quantitativo di oggetti, anche quando la loro conservazione impedisce e/o riduce sensibilmente la possibilità fisica di girare per casa. Con il termine disposofobia si intende la complementare paura di gettar via le cose. Provate un po’ a guardare queste abitazioni di disposofobici o a dare un’occhiata a questo breve video di un uomo che riprende con la telecamera l’appartamento di sua madre, accumulatrice compulsiva. Bene, secondo la rivista Wired, oggi è possibile assistere alla declinazione digitale di questi comportamenti patologici, con la differenza che il campo dove si gioca la battaglia non è l’appartamento di residenza, ma il proprio pc. Gli accumulatori digitali compulsivi downloadano tutto il downloadabile (dvd, cd, e-book, musica, programmi televisivi, fumetti), posseggono ogni episodio di qualsiasi serie, ogni traccia audio di qualsiasi discografia, conservano tutte le e-mail inviate e ricevute da anni, non buttano nel cestino mai un documento, hanno una colonnina di preferiti lunga come un’autostrada, scaricano tutti i film possibili e immaginabili anche se sanno perfettamente che non li vedranno mai. Il confine fra normale passione collezionistica e patologia è evidentemente molto complesso da tracciare.Se la vita digitale del nostro soggetto è un inferno, fatto di ricerche di file persi in un mare magnum di byte, possiamo farci venire il dubbio.

old warrior


Se sono insicuro
So di rischiare
Solo le mie insicurezze