Ve lo spiego. Arriva cosi. Sulle prime, non ci si fa un gran caso. Può capitare, per esempio, di trovarsi appoggiati contro un muretto alle quattro del pomeriggio quando, da un portico o da un cumulo di rifiuti, inizia ad allungarsi un'ombra affilata e strana; l'ombra (ma di solito lo si nota quando è troppo tardi) non è proiettata da alcun oggetto; si potrebbe chiamarla un'ombra orfana, non fosse che in realtà si tratta di un curioso parassita.
In modo un po' inatteso, questa forma allungata, che sporge dalle ombre delle case come l'ombra di un pinnacolo, vi fa venire in mente città esotiche, come se la piazza del vostro paese si fosse trasformata in un cortile di Istanbul o Baghdad.
La forma dell'ombra non è stabile, e fino alla fine non smetterà di affascinarvi. Questo fascino è il nocciolo del tranello in cui state cadendo.
Mentre vi perdete dietro a sogni di bazar e mercanti di stoffe, di spezie, di vecchie pergamene, di cammelli, di distese infinite di sabbia, l'ombra, spontandosi in modo impercettibile, si allunga fino a staccarsi dalle altre ombre e rimanere sola in mezzo alla piazza, come se ora non appartenesse più a un pinnacolo, ma una nuvola o, meglio ancora, a un drago: e così ora guardate in cielo e, anche se in cielo non c'è niente, iniziate a borbottare sottovoce una favola.
Lenta com'è, sarebbe davvero facile allontanarsi dall'ombra; ma anche questa facilità di fuga fa parte dell'inganno: troppo fiduciosi nella vostra velocità, vi potrà accadere di tardare troppo, prima di scendere dal muretto ed andarvene; e poi è così bello stare fermi a fissare le ombre, pensando a Istanbul e ai draghi!
A questo punto, si viene colti da una profonda sonnolenza e da un'insolito torpore nelle giunture dei ginocchi; è come quando si ha la febbre, ma la sensazione non è priva di una certa dolcezza. Quando finalmente abbassate di nuovo gli occhi, l'ombra si è ormai accoccolata ai vostri piedi.