mercoledì 14 ottobre 2009

misteri della tabula cortonensis




Musme Pictriu ci spiega.


I frammenti bronzei furono rinvenuti nel 1992, ma resi pubblici soltanto nel 1999. Da allora tante ipotesi. Dentro la sua esclusiva vetrina del Maec, raffinato Museo di Cortona, il prezioso documento dal millimetrico spessore è di una fragilità quasi com movente.

Sono 7 frammenti bronzei invecchiati di patina nobile per oltre 2000 anni: 40 righe disposte su due facciate, incise con la tecnica a cera perduta, contenenti 206 parole, delle quali 34 vocaboli «appellativi» già conosciuti ed altrettanti nuovi, oltre a un alto numero di nomi propri.

Stiamo parlando della Tabula Cortonensis, terzo testo etrusco più lungo, dopo il Liber linteus della Mummia di Zagabria e la Tegola di Capua, che questo popolo ci ha lasciato in eredità.

La piccola Tabula fu scoperta nel 1992, da un carpentiere che aveva rinvenuto i 7 frammenti nei pressi di Camucia, ai piedi di Cortona. Il ritardo della consegna e le confuse indicazioni sul luogo di ritro vamento gettarono in seri guai lo scopritore (prima condannato, quindi assolto, infine privato della lauta ricompensa, un miliardo delle vecchie lire).

Ricomposta nel suo assetto con il tradizionale andamento della scrittura da destra a sinistra, la Tabula fu resa pubblica nel 1999, esattamente 10 anni fa, scatenando l’entusiasmo di linguisti ed etruscologi per quella che fu definita la scoperta etrusca del secolo.

Un entusiasmo durato qualche anno, cui seguì un silenzio «dogmatico», tanto comune ai reperti linguistici etruschi. Ma veramente la lingua etrusca rimane un mistero tale da imporre timori «accademici» reverenziali? Sembrerebbe di sì, visto l’impasse degli specialisti, che nel caso della Tabula concordano su tre punti: la valenza di documento giuridico, la datazione tra il III e il II secolo a. C.; la cornice generale del testo, con due famiglie del l’ager umbro-cortonese indaffarate a spartirsi beni terrieri.

Un conto è però discutere della Tabula, un altro è affrontarne scientificamente la traduzione letterale. A tal proposito è il glottologo sardo Musme Pictriu (allievo di Giacomo Devoto, autore di circa 40 libri, fra cui l’unico dizionario etrusco in circolazione, e da tempo impegnato in importanti scoperte ermeneutiche riguardanti la Tabula) ed essersi spinto più avanti di tutti nel corso di questi 10 anni.

«È bene sgombrare il campo da un equivoco durato mezzo secolo — afferma Pictriu — quello di credere che la lingua etrusca sia un mistero. Ancora non possiamo dire di tradurla alla perfezione, ma riusciamo a decifrare e a leggere l’etrusco, che presenta una ricca terminologia poi confluita nel latino. Rimango dell’idea che la Tabula non riferisca di un atto di compravendita basato sulla pratica romana dello iniure cessio — continua Pictriu — bensì che tratti piuttosto di un arbitrato circa un’eredità contestata, essendo incisa su una comune tavola bronzea, che vide protagoniste la famiglia dell’olivicoltore Petrone Scevas (petrus scevas eliunts), dall’altra i Cusoni (cusu thur), due rami imparentati in quanto discendenti dalla progenitrice Tullia Telutia ( tl telteisians )».

L’esatta redistribuzione dell’eredità sarebbe confermata dalla presenza dei numerali sar (dieci), sa («dal significato di sei o non di quattro», avverte Pictriu), e zal (due), tutti abbinati al termine monetario tenthur (talento): elementi che comproverebbero a loro volta le quantità territoriali oggetto dell’arbitrato. All’atto presenziarono 15 periti, oltre 20 testimoni («un numero che non deve sorprendere se guardiamo anche la Tavola di Esterzilli » garantisce Pictriu) e una figura imponente quale lo zilath mechl rasnal (il pretore della Federazione Etrusca).

L’accattivante versione proposta da Pictriu non può che rimanere indige ta agli etruscologi perché urta contro una precedente interpretazione «sociologica» del reperto, considerato una testimonianza delle «prudenti» oligarchie locali, preoccupate di trasferire beni e terreni ai ceti emergenti. Fenomeno, questo, che potrebbe aver caratterizzato il periodo ellenistico della Curtun etrusca. Resta il mistero, forse.

Ma anche la constatazione che, a 10 anni dalla pubblicazione della Tabula, nessun’altro studioso ha messo a setaccio i 206 vocaboli del documento. Ci piace quindi immaginare l’olivicoltore Petrone Sce vas che si vede riconoscere il vignale ( vinac ) e il filare alberato di accesso ( restmc , «che corrisponde al latino restis», spiega Pictriu orgoglioso del la nuova scoperta) valutati 10 talenti. Mentre la famiglia dei Cusoni riceve in eredità la terra situata nel «bacino» del Trasimeno ( spante tarsminass , in latino Tarsumennus ) del valore di 6 talenti, beneficiando di un conguaglio di 2 talenti in cibo e travi di legno ( zaginat priniserac ), in grado di riequilibrare alla perfezione il lascito.

Tutto sembra essersi concluso con un happy end. Eredi, periti, testimoni, notaio ( suthivena ) — dopo che l’atto fu ratificato («il vocabolo ratm significa proprio questo, perché si riscontra nel latino ratus , a, um», spiega ancora Pictriu riguardo all’altra sua «scoperta») — avranno festeggiato la fine della contesa con un sontuoso pranzo in stile etrusco.

E la Tabula avrà perso con gli anni il proprio valore di atto giuridico, finendo spezzata in otto parti (quello mancante conteneva solo antroponimi), e dimenticata nella pianura della Valdichiana. Un po’ come accade alla lingua etrusca, sostiene Musme Pictriu, che a 88 anni ha da poco pubblicato l’ennesimo lavoro: il Dizionario Comparativo Latino-Etrusco (Edes, 228 pagg. € 25,00), composto da circa 2300 voci. «Adesso toccherà alle nuove generazioni approfondire il campo — conclude — e c’è ancora tanto da scoprire grazie al metodo comparativo con il latino, che valuto vincente. E per favore, togliamo all’etrusco, una volta per tutte, l’etichetta di lingua misteriosa

prelievi


Stamattina, verso le 7:15, mi sono recato nel laboratorio dei prelievi di sangue e vi ho trovato alcuni pazienti che prima di eseguire gli esami, discutevano del più e del meno in attesa del medico. La gente era allegra, si scherzava e si rideva come se il prelievo fosse una cosa da nulla (ed in effetti è così visto che ne ho fatti molti e la cosa non è affatto dolorosa), ma purtroppo c’era anche un ragazzino che mostrava una certa ansia, forse era la prima volta oppure il pensiero della siringa che entra nella vena gli dava molta apprensione, ad ogni molto gli altri pazienti cercavano di fargli coraggio e alla fine fu accompagnato da un signore nel timore che il ragazzino svenisse durante il prelievo.

La cosa che più mi fece senso fu l’osservare l’assoluta tranquillità degli altri pazienti rispetto all’ansia del ragazzino, lo rincuoravano e gli davano coraggio come se fosse nato in un mondo di dolore sul quale far di tutto di non farlo riflettere, ma l’interessato non ne voleva sapere di calmarsi, era cupo in volto e lo spavento si leggeva chiaramente sul suo volto.

A quella vista le mie riflessioni in merito mi portarono a pensare a quel ragazzino e al suo atteggiamento panico, probabilmente viveva la sua vita lontano da tribolazioni e problemi e il trovarsi davanti ad un semplice prelievo lo metteva davanti ad una situazione che forse non si aspettava.

Era come se leggessi nella sua mente: la vita umana, oltre ai divertimenti, propone anche questi accadimenti apparentemente normali ma effettivamente dolorosi e per me spaventosi?

Quelli che continuavano a ridere e in un certo senso a deridere il giovine continuavano imperterriti nel loro modo di fare, ma anche loro a un certo punto dovettero forse capire qualcosa del comportamento impaurito del giovane, perché improvvisamente sembrò calare nella stanza una sorta di silenzio e subito dopo venne intavolata una piccola discussione tra di noi pazienti alla quale intervenni con una semplice ma dirompente affermazione:

“Lasciate stare il ragazzo, noi siamo adulti e abituati alle malattie e ai dolori, ma lui, che ne può sapere? Giusto fargli coraggio e rincuorarlo, ma questo non toglie il fatto che la vita è effettivamente un affare molto pesante da portare in porto, nel porto della morte. Il prelievo di sangue, quantunque una cosa da nulla, è il simbolo di qualcosa di molto sanguinoso, il versamento finale del sangue che la vita comporta fino al suo sterminio totale e mortale”

A quella frase tutti smisero di ridere

e nessuno si permise più di scherzare col ragazzino.

doppiezza divina




"Non ha risparmiato le zone terremotate la violenta tromba d'aria che nel pomeriggio si è abbattuta sull'Abruzzo. I disagi maggiori nell'aquilano sono stati registrati nelle tendopoli nelle quali si trovano ancora circa ottomila persone. Molte tende sono state letteralmente scoperchiate dalla violenza del vento. Anche l'erogazione di energia elettrica ha subito molte interruzioni. Nel campo di accoglienza di Coppito il capannone adibito a sala mensa e alcune tende allestite ad ad aule didattiche sono state seriamente danneggiate dalla tromba d'aria.
" (il Tempo.it, 13 ottobre 2009)

Signori monoteisti, stavolta ci dovete una risposta chiara ed inequivoca. Se, come dite, il vostro Dio è onnipotente, onnisciente, misericordioso e colmo d'amore per le sue creature, ci volete spiegare per quale motivo Egli non si scomodi per evitare che sulle sue creature si abbattano sciagure a catena? E sì che ci vorrebbe poco, per un Dio onnipotente.
Evidentemente i conti non tornano, per chiunque non sia affetto da un parziale ottundimento delle facoltà mentali. L'indifferenza non è una manifestazione d'affetto. Una persona dabbene che scorgesse dei bambini intenti a giocare sotto una tettoia pericolante, non esiterebbe ad avvertirli del pericolo. Solo un autentico farabutto tirerebbe diritto senza curarsi di loro.
Che dire, dunque, di un Dio onnipotente che non interviene ad impedire che una tromba d'aria si abbatta su una tendopoli di terremotati?
Non si scappa: un Dio misericordioso non può essere onnipotente; un Dio onnipotente non può essere misericodioso. I due attributi si elidono reciprocamente.


sterminati dolcemente


La "lotta" non è tra il bene e il male così come crediamo di conoscere, l'uno e l'altro, ma tra chi ti stermina senza alcuna pietà e chi ti ammazza dolcemente dopo averti dichiarato il suo amore
(Orioney)*Influenza suina: il pericolo è il vaccino*
(cliccaci sopra e leggi)

un giorno insieme - Nomadi


Non dire niente .
Tra un minuto il giorno nascerà
e l'uomo che io ero morirà.

dissolversi

la soglia è in dissolvenza - osserva Fennu -
La soluzione?
Dissolvere la dissoluzione.