martedì 13 aprile 2010

Tomba degli Auguri - Tarquinia


Gli studiosi interessati  ritengono che il termine “persona” (equivalente a maschera) derivi dall’etrusco “Phersu”. Il phersu è  un uomo con una maschera in volto e cappuccio in testa al cui braccio c'è una fune che tiene legato un cane. Il “gioco” consiste nell’aizzare il cane contro l’altro uomo che, anch’esso incappucciato, brandisce una specie di clava per tentare la difesa dagli attacchi del cane e del phersu.
E' un gioco mortale al pari di tanti altri, come la lotta ad esempio; ma è anche un rito funerario etrusco, uno tra i tanti che accompagnano il defunto attraverso la porta che accedeva all’aldilà. Purtroppo è anche un fatto reale, violento, crudele e perverso, ma come gioco è stato  introdotto a Roma diventando uno dei più seguiti e richiesti giochi gladiatori.
Nel gioco entrambe le persone non mostrano il volto. Entrambi sono contemporaneamente “umani” e “bestiali”. Dietro il phersu, il carnefice, c’è un uomo che incarna il bestiale come espressione di violenza e di godimento nell’atto violento. Dietro il prigioniero, la vittima, c’è un uomo che incarna la bestia mandata al macello, colui che non avrà altra consolazione se non quella di morire il prima possibile
Dietro la maschera del phersu, la persona agisce come vuole, senza essere riconosciuta: i suoi gesti, le sue azioni, forse anche le sue parole, diventano legittimi. Non è la persona che si esprime, è la maschera che indossa, è l’altra parte di sé, la sua parte oscura. Un lato oscuro che emerge e si rende visibile e reale attraverso la maschera che la persona indossa.
Dietro il volto coperto del prigioniero c’è la paura e il terrore, che non devono essere mostrati né visti da altri. Non a caso le paure personali più oscure sono segrete, invisibili a tutti; e l’uomo, chiunque esso sia, non può dimostrare nemmeno di temere la morte.
Incutere timore è il potere di esercitare il controllo, anche sulla paura della morte. Il rito sacro, il rito funerario che serve ad esorcizzare lo spettro, diventa il gioco del phersu perché solo così può essere accettato e perché solo così può essere riproposto ad un pubblico che applaude la vittoria del più forte.
Il più forte, attraverso una maschera dietro cui si nasconde una persona, riuscirà ad incarnare quel ruolo anche in altri momenti di ogni epoca.
Quando il condannato a morte, a viso scoperto, sale sul patibolo ha davanti a sé il phersu, il boia con il suo cappuccio e le sue armi di morte; quando il carnefice non ha la sua maschera, è il condannato ad essere bendato per non guardare in faccia la morte.
A volte, il prigioniero, in un gesto di rivalsa e ribellione, si toglie la benda, mostrando il viso al carnefice che, nonostante stia per eseguire la condanna, sentirà per la prima volta la propria paura della morte.
Chi indossa la maschera è persona e può essere contemporaneamente vittima e carnefice. Solo chi non porta maschera è se stesso.
Il cane non porta maschera, non è persona. Solo il cane è se stesso.
Solo l'animale è unico; l'uomo è sempre doppio.

rinascita


Il transito dell'inverno è preghiera degli alberelli scalzi. Impastati con un baco viola,
cercano ansimando  la fine del buio.

Urple,l'Ostentario


Il vostro vero problema,Principe,  
è venir alla luce senza esserne informati,
- osserva Urple l'Ostentario-