venerdì 16 ottobre 2009

rimmel . de gregori


Poseidon


La scoperta di Nettuno nel cielo notturno ha qualcosa di misterioso, è stato trovato grazie ad un preciso calcolo astronomico, proprio là dove avrebbe dovuto essere, così, quasi per caso. La paternità è dubbia, svariati scienziati se la contendono da protagonisti, fino a tramutare il tutto in un vero e proprio "giallo celeste". Un'altra stranezza è emersa dallo studio delle orbite di Nettuno e Plutone: Nettuno ha un ciclo di 164 anni, e Plutone di 260 anni, creando un rapporto di 2 a 3. Per ogni 2 giri di Plutone, Nettuno ne compie 3.Nonostante la geometria delle orbite percorse dai due pianeti, essi si muovono in modo tale da non avvicinarsi mai troppo l'uno all'altro, e anche se le due orbite geometricamente si incrociano, non si scontreranno mai. A volte Nettuno è il pianeta più esterno, il più lontano del sistema solare, mentre Plutone si riavvicina. Nettuno in questo caso prende il posto di Plutone come araldo della morte, dal 1977 al 1997. Il ciclo di Nettuno, il giro completo dello Zodiaco partendo dal momento della sua scoperta, avverrà proprio nel duemiladodici, a 26 gradi dell’Acquario. Il pianeta Nettuno ha un periodo di rivoluzione intorno al Sole di 165 anni, è interamente ricoperto di nubi di colore azzurro, e attraversato da spaventose tempeste di vento fino a 2000km/h.


Nettuno dominante o dissonante in un tema natale (insieme al segno dei Pesci e la dodicesima casa) ci parla di individui con personalità non comuni: produce sia il genio che la follia. Qualunque sia il segno solare, il segno lunare o l’Ascendente, avremo di fronte soggetti "diversi", stravaganti, devianti, illusi, artisti, idealisti, flamboyant, comunque "oltre i limiti". Nettuno, infatti, è simbolicamente il pianeta delle acque pescine, dell’Assoluto, della scomparsa del limite. Un limite posto da Saturno e abbattuto da Urano, che però ancora ci si confronta, mentre Nettuno ne è già al di là e chi ne è fortemente segnato vive proprio una vita "al limite": sospeso, spesso, fra realtà e illusione, fra materia e spirito, fra egoistico edonismo e sublime spirito di sacrifico, fra genialità e follia, fra il vivere in una "comune" e il ritirarsi in completa solitudine, fra distrazioni plateali e percezioni nitide dell’inconscio collettivo e delle leggi della natura. Dal punto di vista temporale astronomico, Nettuno fa la sua comparsa, nasce nel 1846: appena due anni dopo avremo il "’48" in Europa, con tutta la sua carica idealistica dei moti insurrezionali; sempre del 1848 è il "Manifesto del Partito Comunista" di Marx ed Engels, proclama del prossimo avvento dell’ "utopia" in Terra; sono, inoltre, gli anni in cui il concetto di inconscio comincia a prendere forma, gli esperimenti medianici tentano di dimostrare l’esistenza dell’aldilà, il Romanticismo recupera i sentimenti, dopo l’ubriacatura razionalistica dell’Illuminismo: a quei tempi Cartesio affermava che gli animali sono macchine..cogito ergo sum…

Larisa Kpne


Voglio un luogo di pace
nella mia pelle
– chiedo a Larisa Kpne-
Nessun luogo è beato
- mi risponde il Larth -
si tratta solo
di scegliere tra inferni. *

Albero dell'Amore


Nei pressi di Arezzo si trova un piccolo e delizioso borgo medievale che, arroccato su un colle, conserva intatti i bei palazzi in pietra, i cortili fioriti e le intricate stradine che riportano ad un'epoca lontana: Lucignano Valdichiana.Tra le mura del borgo, le casette destinate agli antichi popolani a poco a poco si «aprono» e lasciano il posto ai palazzi della nobiltà, tra cui è piacevole passeggiare alla ricerca di prodotti dalla lunga ed appassionata tradizione artigianale.E' qui, in questo contesto fiabesco, che si trova uno dei simboli più importanti e conosciuti dell'amore: l'albero d'oro.Si tratta di un reliquiario di 2,60 metri d'altezza risalente al XIV-XV secolo e oggi custodito nel museo di Lucignano che, secondo la leggenda, porta fortuna agli innamorati che giungono da tutto il mondo per scambiarsi le promesse d'amore davanti ai suoi magnifici rami dalle decorazioni smaltate, arricchiti con cristalli di rocca e coralli.
L'estremità superiore dell'albero d'oro è sormontata da un Cristo sovrastato da un pellicano che con il suo sangue nutre i suoi piccoli. Si tratta, dunque, di un eccezionale esempio di amore religioso, simbolo ed amore umano e questo ne ha fatto la meta d'elezione per gli innamorati, i futuri ed i novelli sposi.

padrona


Forte sentivo
dalle Sue dita
che vagavano confuse
tra
la mia bollente carne
la delusione del non riuscire
ad afferrare il nulla......

Hanri Thaurine

I fatti devono essere appresi direttamente e personalmente
- mi spiega Hamri Thaurine -
ma i principi possono essere dedotti dalle informazioni

terrore & rivoluzione



«Noi dobbiamo cospirare, procurarci bombe, usare passaporti falsi, contrabbandare materiale, e, se non possiamo fare altro, fare la rivoluzione coi pugnali». Questa consegna non è tratta dall'intercettazione telefonica di un odierno militante di Al Qaeda, né dalla posta elettronica di un guerrigliero colombiano delle Farc,o da un militante PD di Vignola (possibile che nessuno ficchi una pallottola in testa all'Innominabile...) ma da una lettera di Giuseppe Mazzini risalente al 1853.
A torto hanno fatto scandalo, pochi anni fa, le tesi dello storico francese Pierre Milza, colpevole di avere suggerito che certa tradizione del terrorismo italiano possa risalire appunto a Mazzini: al nemico giurato delle monarchie assolute e dei Savoia, cospiratore e rivoluzionario nell'Europa dell'Ottocento. A torto ci si è stracciati le vesti sul pericolo di una confusione retrospettiva fra buoni e cattivi. Quasi che, nella storia, le rivoluzioni siano state immancabilmente pacifiche, rivoluzioni dei garofani o di velluto. Quasi che i cambiamenti di regime non richiedano, spesso, un lavacro di sangue. E quasi che la parola «terrorista» non tenda a designare – in ultima istanza – il rivoluzionario che perde, mentre il rivoluzionario che vince diventa «padre fondatore».
Gli unici rivoluzionari che abbiano osato vantare il terrore in corso d'opera sono stati coloro dai quali la parola è derivata: i giacobini francesi che nel 1793 misero (come dissero) il Terrore all'ordine del giorno, facendone un metodo dí governo. I neologismi terrorisme e terroriste sono stati peraltro coniati, con valore peggiorativo, durante la stagione successiva alla caduta del giacobinismo, cioè all'epoca del Termidoro. Quando i deputati medesimi della Convenzione che avevano sostenuto Robespierre nella politica del Terrore si scoprirono mansueti, e trasformarono la figura edificante del giacobino in quella infamante del buveur de sang. Da allora, diligentemente tradotti in tutte le lingue, i sostantivi «terrorismo» e «terrorista» sono divenuti sinonimi del maligno. Nel lessico di una storia proverbialmente scritta dai vincitori, il terrore è l'errore (l'orrore) di chi è lontano da noi, diverso, alieno. Secondo l'icastica formula di un critico letterario, Daniele Giglioli, «il terrorismo è la violenza degli altri».
Frequentare la storia della Rivoluzione francese può servire almeno a questo: a respingere il luogo comune del terrore come alterità, male altrui, e a riconoscerlo come identità, male nostro. Il terrore come il luogo da cui tutti proveniamo. Perché la Rivoluzione è stata fin dall'inizio – prima ancora del 1793, prima del Terrore con la maiuscola – un'utopia della fraternità minacciata dall'entropia del fratricidio. Fin dal 1789 l'unanimismo buonista dei rivoluzionari presumeva la logica dell'esclusione, ammetteva la prassi dell'intimidazione, comprendeva la vertigine della punizione. D'altra parte, frequentare la storia della Rivoluzione francese può servire a riconoscere come la violenza stessa sia levatrice di storia. Perché vorrà pur dire qualcosa il fatto che la Francia del Terrore sia stata la culla di ogni pratica moderna dei diritti dell'uomo e del cittadino. Universalità del suffragio, laicità delle istituzioni, scolarità obbligatoria e gratuita, assistenza sociale dei poveri, emancipazione dei neri e degli ebrei: altrettante conquiste maturate (e, provvisoriamente, marcite) all'ombra delle ghigliottine.
Nell'Italia del Risorgimento, la Rivoluzione francese godette di pessima stampa. Non soltanto tra i moderati, anche tra i radicali. Mazzini per primo, in una vita fatta di trame rivoluzionarie e di sogni repubblicani, tenne a prendere le distanze dal precedente transalpino del tardo Settecento. «Aborriamo dal sangue fraterno», l'esule genovese scandì già nel 1832, intendendo con ciò che aborriva il Terrore. Eppure quello era lo stesso Mazzini dei passaporti falsi, dei pugnali, delle bombe. Era l'uomo che i governi europei dell'Ottocento mantennero per decenni in cima alla lista dei most wanted. Era — ben più di un Karl Marx – il terrorista per antonomasia, barbuto spauracchio dei benpensanti, Osama Bin Laden del diciannovesimo secolo.
Qualunque cosa ne dicano i semplificatori di professione, la storia è una cosa complicata.