venerdì 12 marzo 2010

oblio


La luna diffondeva una luce azzurrata nel portico. Vestito con un chitone bianco, un mantello leggero e un cappello a cono, Zelinte  era seduto su una panca e guardava fisso il cielo stellato. Gli piaceva quello stato contemplativo e rifletteva sul fatto che il bene supremo consiste nel vivere in accordo con la natura, quella natura universale di cui la natura individuale è soltanto un frammento. Mi avvicinai a lui. Era magro, tirato in viso , con i capelli ancora castani chiari nonostante l'età: Aveva la fronte rugosa, il viso triste; una barba chiara gli fioriva sulle guance emaciate. Il mio maestro, lo sapevo, conduceva una vita sobria. Consumava pane, miele, fichi e gli piaceva bere vino buono, ma in quantità minima. In un'epoca in cui tutto l'edificio religioso stava crollando e le persone illuminate non credevano più agli dèi popolari e nei vecchi principi indicati da Tinia , Zelinte affidava il primato alla morale e alla virtù. Diceva di voler liberare il mondo etrusco  dallo scetticismo e dall'inquietudine dovuti all'invasione greca prima e alla dominazione romana dopo. Duemilacinquecento anni di tragedia per il popolo Rasna.Per mettere fine al disagio intellettuale, insegnava l'esistenza di un criterio del vero; per dissipare l'angoscia dei suoi concittadini, insegnava loro a cercare la felicità nella sottomissione al destino, considerato come espressione della volontà divina... Il mio maestro diceva che è più facile tenere sott'acqua un otre pieno d'aria che obbligare un saggio ad agire contro la sua volontà, perché il saggio non è schiavo delle passioni e della vanità e gode della forza invincibile che trae dalla solidità dei suoi principi. Fedele alle proprie convinzioni, dava prova lui stesso di una fermezza di carattere che suscitava l'ammirazione dei discepoli e l'invidia dei nemici.
«Ti aspettavo» mi disse in aretino , avvolgendosi nel mantello.
Sorrisi. Quando voleva parlarmi di qualcosa di personale, Zelinte ricorreva sempre alla lingua dei nostri antenati. Ricordandomi le nostre origini comuni, intendeva cancellare la distanza imposta dal rispetto che provavo nei suoi confronti.
«Ti ascolto, maestro.»
«L'ora della partenza si avvicina.»
La sua voce era seria. Gli occhi brillavano di una strana luce che non avevo mai visto.
«Tu sai tutto di me, del mio pensiero. Ma ignori ancora la storia della mia famiglia, la tragedia vissuta da mia madre. Vorrei affidartela perché sopravviva alla mia morte e non diventi un relitto nel mare dell'oblio.»

12


Riscopro  un essere sveglio
che vuole darmi consiglio
dentro questo sentimento vermiglio.