giovedì 4 febbraio 2010

lenta mente


Vado lento perché
non mi interessa ciò che raggiungo.
Mi interessa solo ciò che voglio raggiungere.

canto stellare

Mentre L'Orsa maggiore
ispira incosciente
gli innamorati
e il cruccio della carne
ossessiona i preti
stamattina
vorrei essere stata
una bambina lieve
e vorrei diventare
una vecchia pazza
stuprata  dagli arieti.

Harcne di Aretiu

“Laris ! Quanto vuoi per scolpirmi una bella stele funeraria?”
L’artigiano smise di sbattere lo scalpello sulla lastra di nenfro che aveva davanti e guardò quell’inaspettato cliente negli occhi.
“ Hai intenzione di morire presto? Perché altrimenti con tutto il lavoro che ho, la tua stele te la pianteranno i tuoi nipoti!” rise sarcastico spolverandosi il viso imbrattato di polvere.
“ Non è per me, è un dono! Avanti dimmi quanto mi costa una stele, anche piccola…”
“ posso sapere per chi è?”
“Per il fratello della mia sposa!”
“ Tua moglie non ti da tregua eh? E comunque non ho tempo e costa più di quanto tu possa pagarla, dopo quello che è successo!”
“No, sono io che devo omaggiare l'uomo a cui devo la vita! Avanti amico, ti pagherò al prossimo raccolto!”
“ al prossimo raccolto potresti essere morto tu oppure io poi lo sanno tutti che come contadino non vali niente e con quella gamba che ti ritrovi prepari il terreno nel doppio del tempo degli altri! Intanto però i miei figli devono mangiare!”
“ qualche tempo fa non ti saresti azzardato a parlarmi così!” le cose cambiano… adesso però devo continuare a lavorare!” si rimise di buona lena a scolpire.
Harcne sentendosi deriso ebbe un impeto di rabbia che represse, abbassò la testa e fece per andarsene sconsolato e più zoppicante del solito.
Fuori della porta della bottega gli cadde l’occhio su un pezzo di pietra grigiastra abbastanza grosso, adagiato nel mucchio di quelle da gettare via. Rientrò dentro.
“ che vuoi ancora?”
 ti servono quelle pietre là fuori?”
“ no, sono scarti”
“posso prenderne una?”
“ fai quello che vuoi” borbottò Laris  riprendendo il lavoro.
Harcne sorrise, tornò a casa, prese l’asino e dopo pochi minuti era ancora là alla bottega per sistemare la pietra sul dorso dell’animale facendosi aiutare da un inserviente.
“ Vuoi scolpirla tu?” gli chiese la moglie al suo ritorno.
“ Perché no?” rispose lui
“ Ne sei capace?”
“ Ce la siamo fatta questa domanda quando tuo padre naufragò con tutto il suo carico? E quando gli esattori si portarono via anche le armi di tuo fratello senza neanche aspettare che le sue ceneri fossero onorate ? Ce lo siamo chiesto quando io mi sono dovuto inventare contadino e tu pescatrice di molluschi? Se siamo stati in grado di sopravvivere, io sarò capace anche di onorare la memoria di Avle!”
Velia lo guardò con le lacrime agli occhi “ fai quello che devi fare…”
Così Harcne  trascinò la stele nel mezzo del capanno adibito a deposito degli attrezzi e cominciò a squadrarla per bene. Gli girò intorno diverse volte e poi quasi colpito da un’illuminazione prese il martello e lo scalpello. Velia dal suo giaciglio lo sentì sbattere e parlare per tutta la notte.
Avle, ti ricordi quando arrivai in armi da Aretiu insieme agli altri cento per unirmi all’esercito di Pupluna? dovevamo combattere i barbari al confine settentrionale! Diventammo subito amici e mi accogliesti nella tua casa!... tuo padre era ricco allora!”
“ e come era bella tua sorella! Hai visto? Ho mantenuto la promessa, al mio ritorno l’ho sposata, nonostante tutto!”
Al fuoco delle torce, scolpiva e ricordava i vecchi tempi, quando entrambi erano giovani soldati irruenti e pieni di vita. Scolpiva senza sosta, asciugandosi le gocce di sudore che gli imperlavano la fronte. Quando il sole spuntò dalle colline, aveva terminato l’opera. Era coperto di polvere bianca che gli pizzicava nel naso e gli rendeva amara la bocca.
Prese la stele e la portò fuori per guardarla meglio alla nuova luce del giorno.
Avle, mi salvasti la vita, io sono rimasto zoppo ma tu in cambio hai dato la tua… avrei voluto fare di meglio per ricordarti.”
Mentre diceva questo, non si era accorto che Velia si era avvicinata silenziosamente.
Si voltò ad ammirare la sua sposa, ancora bellissima nonostante che la pelle, una volta fresca e morbida come la rugiada del mattino, fosse ora resa scura dal sole e bruciata dal salmastro.
“ E’ molto brutta e sgraziata, vero?” disse rivolto a lei.
La sposa guardò la stele e lesse ad alta voce l'iscrizione: "Io sono di Avle Felukie , figlio di Titnaie e di una Papne. Mi ha donato Harcne di Aretiu ”,
poi commossa, si avvicinò e abbracciò il suo sposo.
“No, al contrario, è molto bella" disse mentendo per non ferirlo " andiamo a depositarla davanti alla tomba di Avle, così anche il suo ricordo rimarrà per sempre, come quello dei grandi guerrieri”.
E così fu, per sempre.

s.cecilia

È uno dei piccoli e sparsi insediamenti rupestri del territorio di Bomarzo  la cui origine si perde a volte nella Preistoria. I resti per lo più medievali esistenti in questa località si trovano a sinistra della valle di Fosso Castello a poca distanza dalla strada che dalla provinciale Orfana adduce al paese di Bomarzo. Quanto si evidenzia di costruzioni, ma soprattutto di tombe antropomorfe è su diverse, ma limitate piattaforme rocciose create4 dall’opera dell’uomo; il tutto in mezzo ad una fitta boscaglia. Nel ripiano più largo emergono dal terreno, chiaramente discernibili, le strutture murarie in blocchi di tufo su tre filari di una piccola chiesa rettangolare (m.9x6 circa) con abside orientata a S/E. (XII secolo). Della sua decorazione rimangono capitelli, pulvini, archetti dentati, modanature ed altri parti in peperino scolpite con motivi floreali e zoomorfi.
Gli schiavi compiuti nel 1973 da Joselita Raspi Serra hanno evidenziato che laddove oggi è visibile parte dell’abside, precedentemente, sulla viva roccia, si era creato un diverso ambiente rettangolare: forse un primo edificio sacro.
Attorno alle superstiti mura, per ogni dove, parte ordinate a file parallele, altre senza alcun ordine vi sono numerose tombe antropomorfe. Alcune sono fosse scavate direttamente nel piano roccioso, altre, evidentemente sarcofagi monolitici di peperino lavorati a parte e poi trasportati. Questi hanno per lo più il luogo della testa orientato a NW. Si stacca da tutti sia per l’orientamento (SE/NE) sia per la fattura un sarcofago allogato a poca distanza dall’abside, che oltre ad essere l’unico ad avere una copertura, ha in essa, in netto rilievo su ogni lato del doppio spiovente, due croci greche e ed una al centro di ogni frontone. Gli altri sarcofagi non risultano avere un coperchio; avendo trovato diverso materiale fittile (mattoni, coppi e tegole alcune aventi il marchio di fabbrica riferibile al II sec.d.C.) si è ipotizzato una copertura con il riutilizzo di tali manufatti. Quattro tipologie dell’incasso che racchiude la testa del defunto distinguono la struttura interna delle tombe. Nicchie, incassi e fori per l’inserimento di strutture lignee, tracce di cave, abitazioni ipogee, gradini, cabalette di scolo, massi con superfici squadrate e lavorate sono ovunque.
Le quantità di sepolture entro il terreno ben giustifica il nome di Cimitero vecchio che assieme a S. Cecilia (forse la santa ivi venerata) indica questa particolare località.
Tutta la zona ha una frequentazione ben più antica dei reperti medievali visibili, riportabile nell’ambito quanto meno etrusco e romano come è deducibile dai bolli dei tabellones; lo stesso accesso da Bomarzo, scavato in trincea nella roccia, ne è una prova tangibile. Negli immediati dintorni affiorano resti diversi del periodo romano con ceramica sparsa, tombe a fossa per inumati ed incinerati, pestarole, tracciati stradali basolati. La presenza romana è evidente particolarmente a Pian di Carletto dove sono rocchi di colonne, cornici e trabeazioni scolpiti con fiori e animali in peperino ed in marmo, un’ara; reperti che hanno fatto ipotizzare l’esistenza di un tempio. Lungo il fosso del Rio, a poca distanza (300 m. circa a N/E) nei pressi di un terrazzamento artificiale realizzato utilizzando blocchi riversi di peperino, sembra essere stato un altro modesto insediamento umano del quale, tuttavia, non è possibile offrire una certa cronologia. Le evidenze più notevoli sono fori circolari sui massi determinati dall’insrimento di pali per capanne ed una serie di pestarole di diversa grandezza aventi una sola vasca con il relativo foro di uscita scavate in massi erratici.
Non molto distante da S. Cecilia svetta la torre e sono le mura del castello di Chia un tempo abitazione e proprietà dello scrittore regista Pier Paolo Pisolini. Molto vicino è anche il Poggio Civitelle con tombe a camera, a nicchia, e a fossa antropomorfa ricavate nella roccia come diversi piastrini monolitici più o meno conservati.

canto trasparente

Abbiamo grandi Aspettative
E Spesso le leghiamo
alla Presenza di qualcosa
ma i vincoli del Lupo sono fatti di nulla:
rumor di passo di gatto,
Radici di Montagna,
Barba di donna,
Respiro di pesce,
Sputo di uccello.